Pensare agile, scalare di marcia e dettare il ritmo sono tre caratteristiche tipiche dei maestri di arti marziali di lungo corso.
Caratteristiche molto interessanti anche per chi, pur non facendo arti marziali, desidera servirsi del valore aggiunto che esse offrono.

Mi hanno sempre affascinato i video in cui un maestro di arti marziali pur essendo avanti con gli anni, “gestisce” un allievo ben più giovane e prestante. 

Questo aspetto è interessante perché facilmente applicabile in tanti aspetti della vita quotidiana ed in particolare per chi lavora in ambiti ad alto livello di stress, performance richiesta e veloce adattamento al contesto. 

Normalmente si pensa che l’esperienza del maestro e la sua preparazione tecnica, funzionino come un’arma nei confronti dell’allievo giovane ma inesperto. 

In parte è così, ma solo in parte. 

La questione è più articolata. 

Sarebbe infatti, un po’ come dire che una macchina è migliore in una gara di rally, perché va più veloce. Sicuramente si tratta di un elemento importante ma ce ne sono tanti altri da tenere in considerazione: la struttura della macchina, l’aderenza delle ruote, l’abilità del pilota e del co-pilota sino ad arrivare al team che sta dietro al tutto. 

Tornando a noi, allora.
Quali sono allora le differenze che fanno la differenza?
Cosa consente al maestro di primeggiare sull’allievo più giovane?

A mio parere ci sono 3 differenze che spiccano: 

1) Pensare agile

2) Scalare di marcia

3) Dettare il ritmo

Che cosa intendo per pensare agile? 

Intendo allo stesso tempo l’abilità di ridurre i problemi ai termini essenziali e di ragionare per schemi e moduli, alleggerendo il carico di informazioni. 

Semplifico con un esempio.

Mentre l’allievo pensa ad un miliardo di tecniche che potrebbe applicare, il maestro esamina velocemente postura, caricamento del peso, e assetto degli arti per capire cosa aspettarsi e quali siano i punti vulnerabili. 

Se l’allievo per ogni situazione pensa una tecnica specifica, il maestro richiama un modulo che in quell’area funziona già non solo per l’azione in essere, ma anche per i suoi possibili sviluppi. 

Perché saper scalare di marcia fa la differenza. 

Viviamo in un’epoca in cui andare veloci è la prassi, non l’eccezione. 

Eppure, anche se è una capacità che è importante sviluppare, da sola può essere addirittura controproducente. 

Scalare di marcia vuol dire rallentare o mantenere uno spazio-cuscinetto prima di agire. 

Velocità e potenza sono nulla senza controllo. 

Scalare di marcia vuol dire anche sapere quando è sufficiente tenere il motore acceso al minimo. Alle volte, in particolare quando si vogliono risparmiare risorse, è essenziale sapere come controllare un avversario aspettando il momento giusto per fare la propria mossa. 

Anche qui un esempio, può aiutare.

Uno classico è quello del maestro che vincola l’allievo più forte e veloce in situazioni a lui favorevoli per farlo stancare. Una volta che quest’ultimo è stremato, entra realmente in gioco. 

Ma scalare di marcia, più banalmente, riguarda anche il modo di allenarsi e prepararsi. 

L’allievo pensa in termini di quantità, il maestro di qualità.

1000 allenamenti fatti senza capire cosa si stia facendo, non ne valgono 10 fatti con consapevolezza. 

Dettare il ritmo. 

Una scelta di tempo accurata è capace di spiazzare la migliore difesa e mettere a segno attacchi indisturbati. 

Il ritmo, quando interno, riguarda la capacità di operare una sequenza di pensieri coordinati e non accavallati; quando esterno, in relazione all’altro, costringe l’avversario a inseguire e gli toglie iniziativa. 

Il maestro non insegue il ritmo più veloce dell’allievo. Per questo motivo non si stanca. 

Piuttosto è lui a dettarlo. Si fa inseguire, anticipa, offre delle esche ed è, per questo motivo, sempre diverse mosse avanti. 

Questi aspetti sono quelli che, a mio parere fanno la differenza.

Sono gli stessi che ritrovo nei miei allievi che hanno attività ad alto livello di performance. (Manager, imprenditori, innovatori) anche se spesso non ne sono consapevoli. 

Spesso il mio lavoro come personal trainer è più un fargli scoprire le relazioni che esistono tra l’arte marziale ed un atteggiamento mentale funzionale al raggiugnere risultati godendosi il percorso, che non potenziare capacità che già posseggono. 

Anzi, a dirla tutta, spesso l’arte marziale ha il beneficio di mettere queste tre qualità differenzianti in equilibrio. Banale, ma impegnativo da ottenere. 

Scrivo anche qui, relativamente alla difesa personale.

Qua trovi i libri che ho scritto e qua una guida gratuita sul come non perdere allievi (non serve che mi lasci la mail)


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